Serie A 1995/96: Sampdoria-Juventus 2-0 

Genova, 10 Dicembre 1995 – Serie A, 13° giornata
Sampdoria-Juventus 2-0 
42′ Chiesa [assist Bellucci], 53′ Chiesa [assist Bellucci]

SAMPDORIA (5-4-1): Pagotto, Balleri, Ferri (62′ Lamonica), Mihajlovic, Sacchetti, Pesaresi, Bellucci (87′ Di Terlizzi), Invernizzi, Karembeu, Evani, Chiesa (70′ Iacopino). (In panchina: Sereni, Zito). All.: Eriksson.

JUVENTUS (4-4-2): Peruzzi, Di Livio, Ferrara, Carrera, Torricelli, Conte (62′ Jugovic), Sousa, Deschamps, Del Piero (78′ Padovano), Vialli, Ravanelli. (In panchina: Rampulla, Porrini, Lombardo). All.: Lippi.

  • Arbitro: Boggi di Salerno.
  • Spettatori: 38.000 circa.
  • Ammoniti: Balleri, Ferrara e Sousa per gioco scorretto.
  • Calci d’angolo: 2-2. Tiri in porta: 7-5 per la Samp. Tiri fuori: 3-4. Falli commessi: 27-14. Fuorigioco: 13-0.


Le pagelle

Pagotto 7: molto sicuro nelle uscite alte e sull’ unico tiro di Vialli, un po’ di fortuna nel finale.

Mihajlovic 7: una sorpresa, per tempismo e autorevolezza, come libero.

Balleri 6,5: nervosetto, ma quando c’ è da spingere spinge.

Ferri 6,5: in prevalenza su Ravanelli, soffre stoicamente un dolore all’ inguine e se la cava bene. Dal 61′ Lamonica sv: ma salva un gol sulla linea.

Sacchetti 7: opposto a Vialli, fa la sua figura.

Pesaresi 6,5: qualche ingenuità, sicuramente ha stoffa. Sbaglia un gol al 29′ , nella migliore azione doriana.

Bellucci 7,5: tornante di destra e ottima spalla per Chiesa. Ha belle giocate di qualità senza mai rinunciare alla quantità. Dall’ 86′ Di Terlizzi sv.

Karembeu 7,5: senza ruolo fisso, parte in marcatura su Sousa, prosegue come incursore, più che come seconda punta. E’ di una mobilità, di un’ intensità agonistica fuori dal comune.

Invernizzi 8: degnissimo capitano, dà lezioni di pressing e altruismo. Una partita da incorniciare.

Evani 7: gran mestiere, molto attento e utile.

Chiesa 7,5: ha due buonissimi piedi, sul primo gol trova la collaborazione di Peruzzi, il secondo va proprio a cercarlo. Dal 70′ Iacopino sv: ma interessante. 

Le parole di Chiesa

Indifferente agli elogi. “Tutti sono leader, non solo io. Non è la mia vittoria, è il successo del gruppo”. Non ama le etichette. “Nuovo Vialli, nuovo Mancini, stupidaggini. Loro sono fenomeni, io ho appena cominciato”. Eppure oggi i titoli saranno tutti per Enrico Chiesa, l’ uomo che ha affondato la Juventus, allo stesso modo in cui sette giorni prima aveva mandato a casa Materazzi. Non gli fanno effetto. “Perché io ho la testa sul collo e so che solo con il sacrificio, con l’ umiltà si va avanti.

Tre anni fa, alla mia prima stagione nella Sampdoria, ad un certo punto mi sono sentito arrivato. A luglio mi sono trovato al Modena, in serie B. No, non ci casco più. I gol si dimenticano in fretta. Cosa conta è la continuità”. Gli ha fatto bene la gavetta. Un padre perso in età giovanile, poco prima che la Sampdoria lo spedisse a farsi le ossa a Chieti, la voglia di sfondare che si mischia al dolore e allo smarrimento, anni spesi in giro per l’ Italia, a Teramo, a Modena, a Cremona. A volte si concede qualcosa. “Il secondo gol mi è piaciuto, dribbling secco su Carrera, tiro di sinistro nell’ angolino, la mia specialità”.

Ma subito dopo lo slancio si ritrae. “Nella prima rete invece sono stato fortunato. Ho visto Peruzzi fuori dai pali, ho cercato il pallonetto, mi è venuto. Il tiro poteva finire alto”. Ma è questa la differenza fra i campioni potenziali e quelli che sono già arrivati dall’ altra parte. Chiesa ci prova. Non ha paura. Aveva detto alla vigilia: “Non firmerei per il pareggio”. Se lo sentiva. “Sapevo che con l’ umiltà avremmo fatto soffrire la Juventus. Chi corre di più, vince. E’ sempre così. L’ emergenza ci ha fatto tirare fuori l’ orgoglio”.

Al resto ha pensato lui. Cinque gol in due partite, gesti da trascinatore per incitare la gradinata a tifare di più. “Il pubblico è stato eccezionale. In quel momento si stava affievolendo, io ho fatto capire che avevamo bisogno”. Ma la Samp, come ripeteva Eriksson da tempo, aveva bisogno soprattutto di lui. Un infortunio muscolare, originato dalla schiena, lo ha messo ai margini per tre mesi. Ora Chiesa pensa più alla salute che alla nazionale.

“Della maglia azzurra non voglio parlare. E’ presto, perché mai Sacchi dovrebbe chiamarmi? Mi interessa invece la Sampdoria. Sono genovese, tifoso, devo far bene per la mia squadra. E’ una domenica felice, ma non solo per i gol. La gamba funziona, il dolore è scomparso, il futuro dovrebbe essere roseo”. Domenica ritroverà Mancini. I due a Piacenza, due mesi fa, quando Chiesa giocava menomato, avevano litigato in campo.

“Acqua passata. Non è vero che fra noi non c’ è dialogo, lo dimostreremo contro la Lazio. Con l’ emergenza una volta ti può andar bene, ma non può durare. E noi non possiamo fare a meno di Mancini e degli altri infortunati”.

di STEFANO ZAINO – La Repubblica

 Classifica serie A – 14° giornata

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