Coppa Coppe 1988/89: Sampdoria-KV Mechelen 3-0


Genova, 19 Aprile 1989 – Coppa delle Coppe – Semifinale (ritorno)

Sampdoria-KV Mechelen 3-0

68′ Cerezo (assist Mancini), 83′ Dossena (assist Bonomi), 88′ Salsano (assist Mancini)

SAMPDORIA: Pagliuca, Pellegrini S. (76′ Lanna), Salsano, Pari, Vierchowod, Pellegrini; Victor, Cerezo, Pradella (64′ Bonomi), Mancini, Dossena. All.: Boskov.

MECHELEN: Preud’Homme; Deferm, Versavel; Emmers, Rutjes, E.Koeman; De Wilde, Hoefkens, Den Boer, Demesmaker (65′ Wilmots), Ohana. All: De Mos.

  • Arbitro: Stiegler (Cecoslovacchia).


Il mio ricordo

Avevo dodici anni e la vidi in diretta sulla RAI (era di pomeriggio), da solo nella stanza dei miei genitori. I belgi erano fortissimi e, dopo il 2-1 per loro dell’andata, con gol di Vialli nel finale, ci facevano ballare a tratti anche in casa. Francamente col risultato incollato allo 0-0, non ci speravo più. Poi quando la bandiera bianca per noi pareva imminente, il gol improvviso di Toninho Cerezo, imbeccato da un assist immenso di Roberto Mancini. E le cose girarono a nostro favore.

Nel finale il contropiede epico di Beppe Dossena, lanciato magistralmente da Fulvio Bonomi, con il telecronista Ennio Vitanza che iniziò ad urlare in estasi come un tifoso della gradinata “vai Dossena, vai Dossena!”. E quando allargò il pallone per aggirare Preud’Homme: “no, Dossena, nooo!”, ma subito dopo quasi commosso ed in trance agonistica: “GOOOOOOOOL”! Una delle più grandi emozioni della mia vita di tifoso. Un gol destinato a passare alla storia.

Delirio mio e di tutto il popolo blucerchiato che a quanto ho letto in tanti anni di forum ricorda come una delle partite storiche quella serata nel Ferraris dimezzato per i lavori di Italia ’90. Nel finale il sigillo di “big” Fausto Salsano che arrotondò ulteriormente le dimensioni della vittoria. Per i belgi (campioni in carica) che avevano già prenotato l’albergo di Berna (sede della finale) fu una batosta memorabile.

Semifinale della Coppa delle Coppe 1988/89, l’incontro tra la Sampdoria ed il Malines del tecnico De Mos, formazione già vincitrice dell’edizione precedente della competizione e di gran lunga più esperta della Samp, essendo i blucerchiati alla prima partecipazione europea con Boskov in panchina. Ed è proprio questa inesperienza forse a bloccare le gambe di Mancini e compagni nell’avvio della semifinale d’andata in Belgio, contro un Malines che passa in vantaggio di due reti (gol di Ohana e Deferm) e sembra poter ipotecare la qualificazione alla finale di Berna.

Nel calcio però nulla è da dare per scontato, soprattutto quando in campo ci sono giocatori del calibro di Vialli, a cui basta una mezza occasione risollevare con un gol le sorti di una partita che sembrava segnata: un 2-1 che vale oro e discorso qualificazione ancora apertissimo in vista del ritorno a Marassi. Arriviamo così al pomeriggio del 19 Aprile 1989, una data storica per la Sampdoria. In uno stadio Luigi Ferraris a capienza ridotta a causa dei lavori in vista del Mondiale di Italia ’90, si gioca Sampdoria-Malines, la posta in palio è la finale di Berna. Alla Samp manca Vialli per squalifica e in tutto il primo tempo la Sampdoria arremba alla ricerca di un gol qualificazione che non arriva.

La tensione sale, il tecnico De Mos ha disposto in campo la sua squadra in maniera perfetta da abile giocatore di scacchi qual è e la porta del forte portiere belga Proud’Homme sembra stregata, ma la Samp quest’anno è matura per palcoscenici ancor più prestigiosi: al 72′ si dimostra più forte di tutto e tutti. Cerezo insacca l’1-0. Ma il meglio deve ancora venire. Il Malines ora è costretto ad attaccare alla ricerca del pareggio per riportarsi in vantaggio, ma è ancora la Samp a creare più pericoli.

È il minuto 72, calcio d’angolo per il Malines battuto male, parte il contropiede della Sampdoria con Dossena. Accompagnato dalle parole del cronista RAI Ennio Vitanza “Vai Dossena, è unico, solo, smarcato, tocca a lui risolvere la partita”, il centrocampista blucerchiato parte dalla sua metà campo per il gol della sicurezza… trenta metri, venti metri… la porta di avvicina inesorabile.

Dossena entra in area ma si allunga troppo il pallone che sembra perso (“Non così avanti!” urla Vitanza), e decide per la giocata più difficile: aggira Proud’Homme con una veronica ed insacca il pallone per il gol della sicurezza, il gol, che insieme al terzo segnato pochi minuti dopo da Salsano, vale una finale, la prima della storia europea della Sampdoria.

E poco importa di come sia finita, quel giorno Marassi esplose di gioia ed il ricordo legato a quella partita, e a quel gol di Dossena rimane indelebile nella mente di tutti i tifosi.

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Cos’è questo Malines? Non sarebbe più giusto chiamarlo con il suo nome originale, ovvero Koninklijke Voetbalvereniging Mechelen – ok, meglio Malines. Sono scaltri fiamminghi, esegeti dello 0-0 in trasferta, eccellenti rimestatori di un calcio razionale e meditabondo come quello della Nazionale di Guy Thys, di cui costituiscono l’ossatura. Sono detentori del trofeo, conquistato dopo aver eliminato l’Atalanta e in finale il favorito Ajax – massima goduria per il loro allenatore olandese, Aad De Mos, cacciato proprio dall’Ajax tre anni prima per far posto all’Eletto Johan Cruijff, intenzionato a diventare allenatore.

Poi hanno vinto la Supercoppa Europea strapazzando il PSV Eindhoven di Guus Hiddink, Romario e Ronald Koeman in un altro derby del Benelux andato in scena a febbraio. Sono il miracolo del miliardario John Cordier, industriale nel settore elettronico con la Telindus, che ha potenziato l’organizzazione del club e ha ristrutturato il piccolo stadio Achter de Kazerme (letteralmente, “Dietro la caserma”).

I punti di forza sono il fortissimo portiere Michel Preud’homme, il centrocampista Erwin Koeman (fratello maggiore – ma solo per l’età – di Ronald, sontuoso libero del PSV e dell’Olanda campione d’Europa) e l’attaccante Eli Ohana, probabilmente il più forte calciatore israeliano di ogni tempo, che dopo una stagione da one-hit-wonder sta rapidamente rientrando nei ranghi. Ma anche un giovane attaccante, Marc Wilmots, che sarà stella nel Belgio del futuro.

Se negli anni Ottanta una sconfitta per 2-1 in trasferta è un risultato da vivere con un certo ottimismo, il Malines è l’eccezione che conferma la regola, essendo capacissima di esprimersi in trasferta ancora meglio che in casa – parla chiaro la striscia di 16 partite europee senza mai perdere. Ha vinto 2-1 la gara d’andata, giocata sotto una pioggia mista a neve che ha spiazzato la squadra e gli 800 tifosi arrivati da Genova, poco avvezzi all’aprile polare delle Fiandre.

Nella melma di Mechelen si sono sentiti i cingoli dell’immenso Vierchowod ma Roberto Mancini è finito nelle sabbie mobili; così, sotto 2-0, a portare a casa la pagnotta ci ha pensato Luca Vialli che ha accorciato le distanze di pura rabbia, inviperito dal cartellino giallo che lo costringerà a saltare il ritorno. A Marassi lo sostituisce il friulano Loris Pradella, mestierante dell’area di rigore che interpreta il calcio come il rugby, un granatiere che si è adattato bene al ruolo di rincalzo.

Agli avvoltoi che gli prospettano l’esonero in caso di eliminazione, Boskov ha predicato calma e gesso («Al ritorno tempo buono, terreno perfetto. Il Malines dopo un quarto d’ora non saprà più dov’è nord, sud, est, ovest»), ma la notte del 18 aprile e la mattina del 19 aprile a Genova piove a dirotto e lo scheletrito Ferraris, con le due gradinate inagibili per metà e il nuovo settore Distinti ancora non aperto al pubblico, si riduce a un pantano.

Il paperotto Mancini sembra nuovamente annaspare già dopo pochi minuti, Vierchowod è costretto a stendere Dewilde lanciato verso Pagliuca e rimedia quel giallo che gli farà saltare per certo la finale (e l’assenza sarà pesantissima). Serve un battito d’ali che risollevi il Doria impantanato e Boskov tira fuori il jolly al 65′: toglie Pradella e mette Fulvio Bonomi, un centrocampista per un attaccante, mossa contro-intuitiva che priva di punti di riferimento un Malines che inizia a mandare accentuati segnali di bollitura e lo costringe a badare a ogni spazio.

Dal letame nascono i fior, diceva uno che proprio blucerchiato non era, ma fa niente; così passa la Samp al minuto 69, con un colpo di stecca di Roberto Mancini, eseguito su un prato che del tavolo da biliardo ha solo le buche: la palla passa attraverso due o tre belgi e viene raccolta dal puntuale inserimento di Toninho Cerezo, arrivato con il tipico passo felpato da gatto giaguaro dell’Amazzonia. Piattone destro con tutta la tranquillità del mondo per segnare uno dei gol più importanti della storia della Sampdoria e cambiare completamente la partita.

Ora il Malines da cinico e spietato si fa sgangherato e lascia praterie ai doriani schierati in modalità testuggine, in cui anche i massaggiatori si sentono in obbligo di partecipare: uno di loro spinge in campo Marco Lanna prima ancora che sia uscito Stefano Pellegrini e l’arbitro ammonisce il difensore, provocando l’ira di Boskov. Così a cinque minuti dalla sirena arriva il momento fatale.

Vierchowod spazza e Bonomi rifinisce per la lunga cavalcata di Beppe Dossena, che ha davanti un’intera metà campo deserta ed è spinto verso la rete dal telecronista RAI Ennio Vitanza: «Vai Dossena, tocca a lui risolvere la partita!». Dossena, inciuchito di fatica pure lui, quasi incespica, sembra allungarsi la palla, ma poi risolve la grana Preud’homme con un numero stile Pelé contro il portiere dell’Uruguay Mazurkiewicz ai Mondiali 1970: gli fa sfilare la palla a sinistra e lo aggira da destra, ma poi non buca l’appuntamento col destino come aveva fatto O Rey, che non avrebbe mai colto la drammaticità di un Sampdoria-Malines nel fango. Gol!

E siccome tutti i salmi finiscono in gloria c’è tempo anche per il 3-0 di Fausto Salsano, che si avventa da dietro su una sponda di Mancini e scaraventa rabbioso in rete di sinistro, a schemi completamente saltati. È la prima finale europea della storia di una squadra che, dopo tanti passi avanti e passi indietro, proclami e delusioni, coraggio e disappunto, è finalmente riuscita a diventare grande senza mai derogare dallo stile imposto da Paolo Mantovani.

www.ultimouomo.com/samp-napoli-milan-19-aprile-1989/

Estratto della mitica telecronaca a di Ennio Vitanza (RAI), trasformatosi in vero tifoso blucerchiato durante questa coppa della coppe:

Le interviste post partita: Pari, Mancini e Dossena. Fantastico l’abbraccio Boskov – Mancio.

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Partita successiva:

Coppa Coppe 1988/89: Barcelona-Sampdoria 2-0

Partita di andata: 

https://www.manicomioblucerchiato.it/coppa-coppe-1989-kv-mechelen-sampdoria-2-1/

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